"Quando ha scritto Diario di un millennio che fugge, Lodoli doveva avere ventisei o ventisette anni: l'età di una dolescente; e il libro ha la perfezione, l'assolutezza, la crudeltà, la disperazione dei libri degli adolescenti. Come loro, Lodoli ha chiesto tutto alla letteratura; e ha avuto in dono tutto da lei...
Non voglio raccontare tute le vicende, tragicissime e comicissime, del libro: la fuga dal padre, dalla moglie, dalla realtà, dalla morte...
Ciò che importava, a Lodoli, era soprattutto inventare una voce a cui affidare il compito di dire io: voce sfacciata, proterva, disperata, furibonda, candida, metafisica. Questa voce è indimenticabile: la sua tensione non rallenta mai. Ogni pagina ci sorprende con la sua concntarzione ingegnosa, econ la ingegnosa invenzione di immaginie di figure".